La moda dal punto di vista di un ex studentessa di Fashion Design.
The Little Vain
La moda è parte integrante del nostro vivere umano. Ci permette di comunicare chi siamo senza dover pronunciare alcuna parola. Ci consente di dare spazio alla creatività e di creare comunità. La moda è questo e molto altro ancora. Ma per molti, quest’ultima, è ancora una sconosciuta. Ed è per questo che ho deciso di inaugurare ‘La moda, questa nostra sconosciuta’, con lo scopo di arginare alcuni falsi miti e di scoprire tutto ciò che riguarda il mondo della moda.
Volevo fare la principessa e poi…
La prima ospite è Camilla Marcelli, classe 2000, amante dell’illustrazione e laureata in Fashion Design all’Accademia delle Belli Arti di Roma. Le sue parole, giovani e fresche, mi hanno incuriosita. I suoi lavori mi hanno emozionato. Lei che da piccola voleva essere una principessa -proprio come me- ha scelto la moda, per via della sua passione per il disegno.
La nostra intervista è stata come una chiacchierata tra amiche che si sono riunite nel loro bar preferito e hanno parlato dell’ultima sfilata di Alessandro Michele. Solo che noi non eravamo in un bar, ma in videochiamata sulla piattaforma di Zoom. Ma la moda ha appianato questa nostra distanza e io ho avuto il piacere di fare quattro chiacchere sulla moda con la mia amica Fashion Designer, Camilla Marcelli.
Perché ti sei avvicinata al mondo della moda?
È una passione che ho sempre avuto sin da quando ero bambina. Mia nonna era sarta e insieme cucivamo i vestiti per le mie barbie e bambole. Mi è sempre piaciuto disegnare, poi ho scoperto questo mondo, nello specifico quello dell’illustrazione. E mi sono addentrata ancora di più nello specifico nell’illustrazione di moda. La moda è sempre stata una parte di me.
C’è stato uno/a stilista particolare che ti ha ispirato?
Sì, ce ne sono stati due: Elsa Schiaparelli e Alexander McQueen. Di loro ho amato lo stile e le loro personalità prorompenti e uniche. Erano diversi dai loro coetanei e si sono elevati a sarti supremi. Ad oggi, essendo entrambi morti, solo la maison Schiaparelli ha saputo continuare a percepire la moda come la sua fondatrice, mentre McQueen è diventato un brand troppo commerciale.
Sono tutt’ora i tuoi punti di riferimento nella moda?
Schiaparelli continua a piacermi, la direzione creativa di McQueen no. Si occupa di moda solo per profitto, tralasciando la parte artistica. Tuttavia, se dovessi scegliere uno stilista contemporaneo opterei per Pierpaolo Piccioli di Valentino. Lui ha portato una ventata di fresco alla maison. Ma per me i veri stilisti sono quelli del passato.
Il tuo percorso di studi ha influenzato il tuo modo iniziale di percepire la moda?
Il mio percorso di studi, purtroppo, mi ha fatto peggiorare la concezione iniziale che avevo della moda e probabilmente se tornassi indietro non farei l’Accademia delle Belle Arti. Il Covid-19 non mi ha permesso di vivere a pieno questa esperienza, mentre i miei professori di fashion design mi hanno fatto aprire gli ho occhi sul settore della moda. Questo mi ha portato a scoprire che quel mondo non era come me lo immaginavo.
Ad oggi, infatti, ho deciso di fare tutt’altro e la moda è rimasta solo una passione senza profitto. Le impostazioni di quel sistema me l’hanno fatta odiare e ho iniziato a guardare la moda con più maturità. Tuttavia, il mio percorso di studi mi ha ribadito la mia passione per la moda, ma rimarrà solo tale. Non è un mondo in cui mi vedrei. È troppo difficile e tosto. Ti spremono come non mai e dopo un paio di anni di scartano. Ti usano e basta. Questo è osservabile da come si comportano con gli stilisti, i direttori creativi e gli illustratori delle più importanti case di moda.
Prima di scoprire ciò volevo specializzarmi in Fashion Illustration come Aldo Sacchetti. Ma è un settore complicato, perché devi spiccare tantissimo. La moda è difficile per questo. Ti devi sempre elevare. Ormai è stato fatto tutto e credo che sia prioritario concentrarsi sulla parte tecnica e sulle innovazioni tessili, tralasciando il capo in generale. La moda è circolare e le cose sono state viste e straviste. Chi vuole vivere in quel mondo deve reinventarsi con costanza.
Secondo la tua esperienza cosa cambieresti all’interno dell’industria della moda?
La moda dovrebbe essere più green. Qui si apre un discorso più grande, che include anche il fast fashion, come Shein e H&M – che a mio avviso sono solo fast, niente fashion.
Ci sono dei valori che vorresti vedere di più all’interno di un brand?
Credo che il rispetto per la persona che lavora per un brand dovrebbe essere il punto di partenza di tutti i valori. Dopo viene l’inclusione, perché sono stanca di vedere una moda pensata per figure esili. Mi farebbe piacere vedere più modelle curvy, perché sono ancora troppo poche. La moda, inoltre, dovrebbe puntare maggiormente sul concetto di riciclaggio, il famoso upcycling. Il settore della moda è quello più inquinante di tutte le industrie e ogni brand dovrebbe essere più green e seguire il green washing. Ci sono molte materio biologiche che potrebbero essere sfruttate per l’innovazione tessile: le fibre del vetro, dell’ananas, del fungo e del pino. Se si utilizzassero di più quest’ultime il problema potrebbe essere ottimizzato.
Cosa ne pensi del cambio di direzione creativa di Gucci?
È la fine di un’era. Alessandro Michele ha portato molte novità e ha rivoluzionato Gucci, soprattutto dal punto di vista del marketing. Dalle foto che ho visto dell’ultima collezione di Gucci si sente la sua mancanza. Vedremo quel sarà con la direzione creativa di Sabato De Sarno. È giusto che ognuno faccia il suo corso. La moda è anche questo: innovazione e una corsa infinita che mira a raggiungere traguardi da superare in maniera progressiva.
Secondo te Louis Vuitton ha fatto un salto nel vuoto con Pharrell Williams?
Solo in parte, perché se non hai studiato moda non hai le basi. Questo, però, può essere anche una cosa positiva. Chi studia moda, infatti, apprende e concepisce i vestiti in modo improntato. Quando non studi moda, invece, punti tutto sull’innovazione. Un mio professore di fashion design mi disse: «Un sarto sa come si cuce una camicia e la immagina già così, con delle maniche dei polsini. Chi non ha studiato moda non conosce le regole e ha più libertà nell’immaginarla». Uno stilista deve il suo successo alla sua personalità e alla sua creatività, che deve essere senza limiti. Louis Vuitton è una casa di moda storica e non può permettersi di fallire, in caso contrario il gruppo LVMH non esiterà a far dimettere Pharrell dal suo incarico. Mai dire mai, magari ci stupirà. Vedremo.
Quali sono le qualità per essere uno stilista e cosa consiglieresti a chi vorrebbe intraprendere questa strada?
Le qualità sono molte: originalità, personalità, coraggio e ambizione – che in questo mondo è pane quotidiano. Non devi avere paura dei giudizi delle persone, ma al tempo stesso li devi saper ascoltare. La moda ricopre un vasto target e non bisogna farsi influenzare sia dai complimenti che dagli insulti. Ci vuole tanta prontezza d’animo e di spirito. Chi è debole non sopravvive in questo mondo, perché il talento viene meno. Ci vuole la famosa “cazzimma”. Devi essere vanitoso. Ad oggi, solo Pierpaolo Piccioli è differente in ciò, perché secondo me è una persona molto umile.
A tutti coloro che desiderano lavorare nella moda direi che è un percorso tosto, difficile e che si deve essere pronti, altrimenti non si sopravvive. Il mondo della moda, però ti darà anche tante soddisfazioni -come una bella sfilata e uno shooting di successo. Tuttavia, si deve essere pronti a tutto alle crisi di pianto, ai sacrifici, a “sputare sangue” e all’impegno costante. Nella vita bisogna sempre vedere le proprie priorità e se si è disposti a lottare per la moda, allora hai tutto il mio rispetto. Io ho mollato perché non era più una mia priorità e per il momento sono fiera di ciò.
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